Alla scoperta della parola «dogana»

Da dove provengono le parole «dogana», «douane» e «Zoll»? Da molto lontano e con la sorprendente particolarità di essere «imparentate» con un divano.

28.07.2020, Yvonne Siemann

Le dogane esistevano già nell’antichità, infatti, le origini della parola «dogana» nelle varie lingue risalgono a moltissimo tempo fa. Tuttavia, la storia del termine italiano e di quello francese è completamente diversa da quella dell’equivalente tedesco.

Tra divani e alloggi

Per quanto riguarda la dogana come autorità, le lingue romanze si sono orientate soprattutto all’arabo e al persiano. Nel 1281 a Napoli viene documentata la parola «dohanne» con il significato di «edificio presso il quale venivano riscossi i dazi all’importazione e all’esportazione». Nel 1441 viene poi documentato anche il significato di «tributo doganale». L’etimologia della parola italiana «dogana», di quella francese «douane», di quella romancia «duana» e di quella spagnola «aduana» deriva dall’arabo «diwan», voce di origine persiana. Infatti, in passato il divano non serviva soltanto per riposarsi come viene utilizzato oggi, ma rappresentava soprattutto un simbolo di potere. Di conseguenza, il termine designava anche un ufficio, un’autorità nonché una riunione di Consiglio e i suoi membri. Nel 19° secolo è entrato a far parte delle lingue occidentali con il significato di «sontuosa sala riunioni». Anche Il divano occidentale orientale di Goethe è diventato famoso: qui il termine è stato però utilizzato per indicare la sua raccolta di poesie.

Diwan im Roten Fort im indischen Agra
Un divano nel Forte rosso di Agra in India

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Non sappiamo se negli uffici doganali portoghesi si trovavano dei comodi divani, ma una cosa è certa: la dogana si presentava in maniera molto accogliente. La parola «alfândega», anch’essa di origine araba, indica un alloggio ufficiale per commercianti stranieri, in cui pagavano direttamente anche i dazi doganali. Ancora oggi in arabo «Al-funduq» significa «albergo».

Alfândega-Manaus
L’«alfândega» di Manaus in Brasile non è mai stata un albergo, nonostante ciò, oggi, è un’attrazione turistica.

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Nel Medioevo anche la parola «tarif», che in arabo significa «avviso» o «lista degli emolumenti», è stata ripresa nella lingua italiana. Dopo essere passata dalla Francia, nel 17° secolo la parola è entrata nell’uso del tedesco. E così, visto che si trova sullo stretto di Gibilterra direttamente di fronte al Marocco e quindi presso un confine, anche la città andalusa di Tarifa ha ricevuto il suo nome.

Un ulteriore prestito dall’arabo nell’italiano è «gabella», proveniente da «qabala» che significa «imposta» e in senso lato «ricevere». In origine era un’imposta sulle derrate alimentari, mentre a partire dal 1350, sotto l’Antico Regime, era riservata per la regalia del sale ed era riscossa dai «gabelous», una designazione ancora oggi poco rispettosa per i doganieri.

Un fatto interessante è che la parola turca «gümrük», quella araba «jumruk» e quella persiana «gomrok», che significano tutte «autorità doganale», a loro volta derivano dal termine latino «commercium», facendo quindi in pratica il viaggio etimologico inverso. Anche la parola italiana «dazio» e quella romancia «dazi», ben nota per via di DaziT (programma di modernizzazione e di trasformazione dell’AFD), hanno le loro radici nel latino medievale. Entrambe derivano da «datio», ovvero «dono» e oggi stanno per «tributo doganale».

Dalla Grecia verso mezza Europa

In tedesco il termine «Zoll» non indica soltanto l’autorità che riscuote e gestisce i dazi all’importazione e all’esportazione sulle merci in un territorio, bensì anche i tributi doganali in sé.

L’origine di questa parola risale al nome tardo latino «telonium», ovvero «pagamento» e «ufficio doganale», a sua volta derivante dal greco «telos», cioè «imposta», «costi» ma anche «fine» o «confine». Nella lingua tedesca il termine «zol» è stato documentato per la prima volta nell’8° secolo con il significato di «edificio doganale». Solo più tardi è stato utilizzato anche per designare i tributi doganali, come «Wegzoll» (pedaggio stradale) o «Brückenzoll» (pedaggio per ponti), termini utilizzati soprattutto in contesti storici. Anche le parole scandinave «tull» (svedese) e «tulli» (finlandese) sono imparentate. Il termine tedesco «Zoll» ha poi dato origine alla parola polacca «cło» e a quella ceca e slovacca «clo».

Anche l’espressione inglese «toll» designa un emolumento, più precisamente quello per l’utilizzo delle strade. Tuttavia, in inglese «Zoll» si traduce di solito con «customs». Probabilmente la similitudine con «custom», ovvero «abitudine», «tradizione», non è casuale, dato che nel Medioevo «Zoll» indicava un «tributo abituale».

Zollschild deutsch-slowakisch
Targa doganale germano-slovacca

«Zoll», nel senso di «pollice» in italiano, è anche un’unità di misura di lunghezza, ancora oggi utilizzata per misurare la diagonale di uno schermo. In questo caso però l’etimologia di questa parola è diversa. Probabilmente, infatti, risale all’alto-tedesco medio e indicava un «ceppo» o un «perno».

Diverse frasi idiomatiche

La parola tedesca «Zoll» e quella italiana «dazio» si trovano anche in diverse frasi idiomatiche nelle rispettive lingue: ad esempio «Jemandem Respekt zollen», ovvero «mostrare rispetto a qualcuno»; «Blutzoll» che indica la perdita di vite umane durante una guerra o un conflitto; «Fare lo scemo per non pagare il dazio», che significa fingersi sciocchi per far meglio il proprio interesse.
 

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